ESPERIENZE D´ARTISTA
SIMONE ALESSANDRINI, custom design, interior design e art installations
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ESPERIENZE D´ARTISTA

SIMONE ALESSANDRINI, custom design, interior design e art installations

CURRY - Se fossi una spezia sarei il curry per il suo essere uno e tanti. Questo mix mi identifica bene perché mi occupo di tantissime cose, a cui spesso fatico a dare un nome, le quali singolarmente vanno a comporre un unico, completo, sapore finale.

In occasione del 25° anniversario della Fondazione OIKOS hai curato l'allestimento della mostra celebrativa, lavorando a stretto contatto con i ragazzi ospiti della comunità terapeutica. Ci racconti questa esperienza in comunità?E' stato bello poter lavorare a più mani coi ragazzi perché così hanno potuto riconoscersi nel processo creativo e nell'esito ultimo, piuttosto che percepire il tutto come qualcosa arrivato dall'esterno. Non conoscevo le dinamiche del centro e non ho mai conosciuto ragazzi che vivessero in un periodo di riabilitazione, quindi non avevo esperienze che mi potessero dare una tecnica d'approccio; mi è stato detto di essere me stesso, naturale, e di non aver timore di parlare, chiedere e raccontare in quanto il gruppo era già stato preparato ad avere contatti con l'esterno. Si è instaurato un bel rapporto, in particolare con quelli che si sono dedicati di più al lavoro; con questi il dialogo e il confronto è stato profondo e proficuo. E' stato molto bello rincontrarli a distanza di tempo ed avere, anche, un riscontro positivo: significativo in tal senso è il fatto che il lavoro abbia prodotto, poi, una sorta di relazione. L'esperienza è stata positiva al punto che ho chiesto se c'era la possibilità, per amicizia, di passare a fare un saluto in un momento successivo alla mostra.

Camminare su un tappeto di bottiglie di vetro. Ci spieghi il senso metaforico della tua installazione?Com'è successo all'inaugurazione, ci tengo a precisare che il lavoro inizialmente può essere interpretato come una rappresentazione di un tunnel con tutte le connotazioni che questo termine può avere. Ma il mio obiettivo era quello di rappresentare uno spazio, un passaggio, che fosse straniante al visitatore e che mettesse la persona in una condizione completamente diversa e spiazzante rispetto a quella che è una quotidianità. Ho voluto esprimere un valore, semplicemente uno stato: non c'è per forza, quindi, la volontà di metaforizzare la precarietà del passaggio nel tunnel di un ragazzo che vive l'esperienza della tossicodipendenza ma di mettere il visitatore in una condizione dove la certezza e la stabilità sono completamente minate. In un certo senso è il visitatore stesso che interpreta l'installazione sulla base delle sue emozioni.

Quali sono i tuoi progetti futuri?Sicuramente fare lavori interessanti, cercando quante più occasioni per farlo. Purtroppo mettere in atto cose interessanti non vuol dire necessariamente avere la possibilità di farle vedere. Mi auspico l'incontro con situazioni e realtà che possano darmi l'opportunità di, com'è stato per il venticinquesimo dell'Oikos, poter lavorare, mettermi in gioco e incontrare ambienti con cui collaborare.

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